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Un’analisi sistematica di cluster genici biosintetici nel microbioma umano svela una famiglia comune di antibiotici - Un’analisi sistematica di cluster genici biosintetici nel microbioma umano svela una famiglia comune di antibiotici

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Un’analisi sistematica di cluster genici biosintetici nel microbioma umano svela una famiglia comune di antibiotici

Nei sistemi biologici complessi, piccole molecole spesso mediano le interazioni tra microbi e tra microbo e ospite. Utilizzando un approccio sistematico, un team di ricercatori americani delle Università di San Francisco, Bloomington, Washington e Boston, hanno identificato 3.118 cluster genici biosintetici di piccole molecole (BGC) nei genomi di batteri associati all’uomo e studiato la loro distribuzione in 752 campioni metagenomici del Progetto sul Microbioma Umano del National Institute of Health. Hanno così scoperto che i BGC per una classe di antibiotici già testati in alcuni studi clinici, i tiopeptidi, sono ampiamente distribuiti nei genomi e nei metagenomi del microbiota umano.

Il team ha purificato e risolto la struttura della lactocillina, un antibiotico della classe dei tiopeptidi, da un membro prominente del microbiota vaginale, hanno dimostrato che la lactocillina svolge un’attività antibatterica potente contro una serie di agenti patogeni vaginali Gram-positivi e hanno mostrato che la lactocillina e altri BGC per i tiopeptidi sono espressi in vivo, analizzando i dati di sequenziamento massivo dell'RNA umano (Metatrascrittomica). I risultati dell’analisi illustrano la distribuzione capillare nel microbioma umano di cluster genici biosintetici che codificano piccole molecole e dimostrano la produzione batterica negli esseri umani di sostanze con efficacia e specificità sovrapponibili ai farmaci.

L’approccio adottato nella ricerca – sostengono i ricercatori americani – introduce un metodo per identificare e assegnare priorità ai BGC per la caratterizzazione sperimentale e può essere facilmente generalizzato ad altre famiglie di BGC. I database dei BGC ricercati nei campioni umani serviranno come risorsa per studi futuri che mirano a individuare le interazioni mediate da piccole molecole nel microbiota umano.
Gli Autori - Mohamed S. Donia (Dipartimento di Bioingegneria e Scienze Terapeutiche e Istituto della California per le Bioscienze quantitative dell’Università della California) e colleghi – mettono comunque in evidenza che le normali analisi dei batteri del microbiota non sono abbastanza dettagliate per capire quali sono le molecole biologicamente attive prodotte, dato che i numerosissimi ceppi in cui si suddivide ogni specie batterica sintetizzano molecole notevolmente diverse.

I prodotti a piccole molecole di BGC sono usati diffusamente nella clinica – concludono i ricercatori nell’articolo pubblicato sulla rivista Cell – e costituiscono molti dei linguaggi chimici di interazioni tra specie. Nonostante i riconosciuti limiti dell’approccio, i dati emersi evidenziano l’esistenza di centinaia di BGC dalle funzione sconosciute distribuiti diffusamente nel microbioma umano e forniscono un modello per gli sviluppi della ricerca futura che mira a scoprire le piccole molecole biologicamente attive nel microbiota. Queste molecole rappresentano un punto di partenza promettente per studiare le interazioni microbo-ospite a livello di meccanismo molecolare e sono potenzialmente una ricca fonte di prodotti terapeutici.

D’altra parte, come ricorda The Economist in un articolo a commento dello studio pubblicato su Cell, “gli antibiotici naturali sono le armi utilizzate da un micro-organismo contro un altro, quindi è anche tra i microrganismi che è possibile rintracciare nuovi antibiotici. Ma al momento, i “cacciatori” di antibiotici lo fanno utilizzando una tecnica descritta da alcuni, piuttosto aspramente, come “grind and find”. I microbi sono raccolti quasi a caso dal loro ambiente naturale (un antibiotico di successo, per esempio, è nato con un campione raccolto sull’Isola di Pasqua), poi coltivati in laboratorio per osservare come evolvono. Se siete alla ricerca di armi contro agenti patogeni umani, però, sicuramente il posto migliore per cercare è nel microbioma umano stesso – scrive The Economist – perchè questa collezione di microbi che vivono sulla pelle delle persone e nelle loro viscere sono quelli con la maggiore probabilità di avere sostanze chimiche evolute progettate per affrontare specificamente gli intrusi che invadono il loro territorio nel corpo umano”.
È esattamente la linea di ragionamento seguita da Mohamed Donia e colleghi, che hanno progettato un software in grado di eseguire la scansione di banche dati del DNA per i geni che sembrano coinvolti nella produzione di antibiotici. Questi geni - codificanti per gli enzimi che potrebbero poi sintetizzare farmaci - sono ben dissimulati, e in genere per la loro individuazione richiedono strumenti complessi. Così il team ha progettato un algoritmo che riesce a identificare nuove relazioni fra gruppi di geni e sostanze biologicamente attive a partire dalle relazioni scoperte in batteri studiati in precedenza. E sono riusciti a trovare ben 3118 differenti gruppi di geni batterici che codificano per enzimi che concorrono alla produzione di molecole che rientrano in classi di farmaci noti.

Per dimostrare le ricadute concrete del metodo, i ricercatori hanno scelto una specie batterica, Lactobacillus gasseri, comunemente presente nel microbioma della vagina, per la coltura. Essa ha prodotto una sostanza chimica, chiamata appunto lactocillina, molto simile ad altri antibiotici già testati clinicamente da aziende farmaceutiche, che uccide alcuni batteri patogeni vaginali senza danneggiare le specie innocue.
“Gli antibiotici non sono le uniche sostanze che la tecnica del prof. Donia potrebbe generare – si legge ancora nel The Economist – in quanto i microbi del microbioma umano possono “sputano fuori” ogni sorta di altre sostanze chimiche che potrebbero essere utilizzate come farmaci. Tra loro ci sono i neurotrasmettitori, che potrebbero essere impiegati per il trattamento di alcune malattie neurologiche. I prodotti più utili, però, potrebbero essere farmaci che possono regolare il sistema immunitario. Al momento alcuni farmaci come etanercept, impiegato per trattare l'artrite, e ciclosporina, usato per prevenire il rigetto nei trapianti di organi, tendono a operare su tutto il corpo, piuttosto che solo una parte di esso. Ciò provoca effetti collaterali anche gravi. Tuttavia, un recente studio pubblicato su Nature ha dimostrato che i batteri umani possono mirare le loro sostanze chimiche a sottopopolazioni specifiche di cellule immunitarie, il che suggerisce che possano essere in grado di produrre farmaci che hanno una maggiore precisione.    
Vi è anche la possibilità di utilizzare gli stessi microbi come trattamenti. Ciò avviene già in modo rozzo: il trapianto di feci, con la loro carica batterica associata, da individui sani si è dimostrato un trattamento efficace per l'infezione da Clostridium difficile, un batterio che causa problemi intestinali gravi e talvolta letali. Sapere di più su quali batteri fanno cosa consentirebbe di affinare tali trattamenti. Come afferma Michael Fischbach, uno dei co-autori dello studio: "In futuro, non credo che lasceremo che i batteri vivano nel nostro corpo a caso”.


Pubblicato il: 14 ottobre 2014

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