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Farmaci e allattamento al seno: non sempre un binomio impossibile - Farmaci e allattamento al seno: non sempre un binomio impossibile

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Farmaci e allattamento al seno: non sempre un binomio impossibile

La letteratura disponibile e le evidenze scientifiche hanno ormai dimostrato inequivocabilmente l'importanza dell'allattamento al seno, sia per la madre che per il lattante, confermando i significativi benefici che questo apporta dal punto di vista fisico e psicologico.

L’allattamento al seno rappresenta il miglior modo per fornire ai neonati le sostanze nutritive di cui hanno bisogno per una crescita sana. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l'allattamento esclusivo al seno nei primi 6 mesi di vita del neonato deve essere incoraggiato proprio per i numerosi vantaggi che comporta[1]. Primo fra questi la protezione contro le infezioni gastrointestinali, che si osserva non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche in quelli industrializzati. Inoltre, l’allattamento al seno protegge dalle infezioni respiratorie, riduce il rischio di sviluppare allergie, migliora lo sviluppo intestinale e riduce il rischio di occlusioni.

Il colostro (il latte materno, di colore giallo, prodotto al termine della gravidanza) è definito dall’OMS come l'alimento ideale per i nascituri. È stato dimostrato, infatti, che iniziare l’allattamento entro un’ora dalla nascita protegge il piccolo dalla possibilità di contrarre infezioni e riduce la mortalità neonatale[2].

Il latte materno rappresenta anche una fonte importante di energia e nutrimento nei bambini dai 6 ai 24 mesi: può fornire oltre la metà del fabbisogno energetico di un bambino di età compresa tra i 6 e i 12 mesi e un terzo del fabbisogno energetico tra i 12 e i 24 mesi.

Alcuni studi hanno dimostrato che gli adulti allattati al seno da neonati hanno meno probabilità di svilupare obesità e ottengono prestazioni migliori in alcuni test che misurano lo sviluppo cognitivo[3]. L’allattamento al seno contribuisce anche alla salute e al benessere delle madri, stimolando la naturale contrazione dell’utero, riducendo il naturale sanguinamento post-partum e consentendo all’utero di tornare alle dimensioni normali più velocemente. Inoltre, è stato dimostrato che l’allattamento al seno diminuisce il rischio di osteoporosi dopo la menopausa e contribuisce anche a ridurre il rischio di cancro[4] al seno e alle ovaie[5].

Tuttavia, molte madri decidono non sempre appropriatamente di sospendere la terapia farmacologia o di cessare l’allattamento al seno quando assumono farmaci, a causa del timore correlato ai possibili effetti negativi che il passaggio dei farmaci nel latte materno potrebbe avere sulla salute dei loro bambini. Questo tipo approccio è spesso inutile, oltre che dannoso, perché solo un ristretto gruppo di medicinali è realmente controindicato per le madri che allattano o associato a effetti negativi per i bambini. Nella maggior parte dei casi, il neonato assorbirebbe comunque una quantità molto bassa dei farmaci somministrati alla madre, che non comporta rischi di effetti indesiderati. Raramente, quindi, l’assunzione di farmaci richiede l’interruzione (temporanea o definitiva) dell’allattamento. È necessario precisare che la quantità di medicinale che passa attraverso l’allattamento al seno dipende comunque dalla tipologia di farmaco, dalla dose assunta e dalla durata della terapia. Inoltre, l’escrezione di un farmaco nel latte dipende essenzialmente dalla biodisponibilità (la quantità di farmaco che, dopo somministrazione orale/topica, raggiunge la circolazione sistemica), dal peso molecolare, dal legame alle proteine e dal grado di lipofilia del farmaco. Altri elementi che possono influenzare la quantità di farmaco ‟assunta” dal lattante sono la quantità di latte materno che il neonato assume giornalmente e la percentuale di farmaco che viene assorbita a livello gastro-enterico. Oltre ai parametri legati alle caratteristiche farmacocinetiche del farmaco, vanno aggiunte altre caratteristiche proprie del lattante quali la prematurità, la maturazione del metabolismo epatico, la filtrazione renale, la maturazione della barriera emato-encefalica.

l dati sul rischio correlato al trattamento farmacologico durante l’allattamento sono ottenibili per la maggior parte dei farmaci sulla base degli elementi teorici (se un farmaco non viene assorbito per via orale, come ad esempio l’eparina, non può produrre effetti nocivi sul lattante) o epidemiologici (ottenuti da evidenze cliniche). Appare evidente che in tutti i casi di terapia materna in corso di allattamento, specie in caso di patologia cronica, è necessario che il lattante sia valutato dal Pediatra, che deve essere sempre informato della terapia materna.

l timori per l’assunzione di farmaci da parte di donne in allattamento sono stati fortemente ridimensionati da numerose e autorevoli pubblicazioni, che hanno confermato la compatibilità dell’allattamento al seno con l’assunzione di farmaci.

L’American Academy of Pediatrics (AAP), a distanza di 12 anni dall’ultima pubblicazione, ha di recente aggiornato le linee guida ‟Transfer of Drugs and Therapeutics lnto Human Breast Milk”, pubblicate a settembre 2013 sulla rivista Pediatrics, che confermano che i rischi di contaminazione del latte materno sarebbero minimi per la maggior parte delle terapie farmacologiche. L’AAP ricorda che non tutti i farmaci sono esecreti nel latte umano in maniera clinicamente significativa e la presenza di un farmaco nel latte umano raramente rappresenta un rischio per il neonato. Il rapporto rischio/beneficio deve essere sempre il parametro di riferimento da considerare al momento della prescrizione della terapia. Ruth Lawrence, esperta di allattamento al seno presso I’University of Rochester Medical Center di Rochester, spiega che ‟la tendenza più diffusa tra i pediatri finora è stata: non sapendo se è pericoloso, per sicurezza sospendiamo l’allattamento al seno, mentre invece i farmaci che debbono indurre una scelta così importante sono molto pochi”. Negli Stati Uniti si stima che circa l’80% delle neo-mamme dimesse dopo il parto allatti al seno, ma dopo 3 mesi questa percentuale si riduce circa al 30% e una delle cause principali di questo calo è proprio la preoccupazione per i danni potenziali al bambino dovuti ai farmaci assunti dalla madre[6].

Uno strumento importante per orientare la prescrizione medica è stato messo a punto dal NIH: il database LactMed. Questa banca dati contiene tutte le informazioni disponibili sui farmaci e sulle altre tipologie di sostanze a cui le madri che allattano possono essere esposte. All’interno di LactaMed è inclusa anche l’indicazione dei livelli di presenza di tali sostanze nel latte materno e nel sangue del neonato e gli eventuali effetti avversi che queste potrebbero avere per il lattante. Laddove necessario, sono presenti le alternative terapeutiche disponibili per i farmaci controindicati nel periodo dell’allattamento.

AIFA, nell’ambito del progetto scientifico-comunicativo ‟Farmaci e Gravidanza”, per favorire una corretta informazione alle donne e per supportare il medico nella prescrizione di farmaci anche durante l’allattamento al seno, ha condotto, con la collaborazione delle Università di Padova, Siena e Ancona una revisione completa e sistematica della letteratura e degli ultimi studi disponibili. La peer review ha portato alla realizzazione di oltre 400 schede informative che descrivono, per le patologie che più frequentemente ricorrono durante e dopo la gravidanza, le possibilità di cura presenti, ordinate secondo il profilo beneficio-rischio maggiormente favorevole. All’interno del sito rilasciato dall’AIFA www.farmaciegravidanza.gov.it è possibile trovare, per ciascuna patologia elencata, la terapia farmacologia più appropriata da seguire, oltre che nel corso della gestazione anche durante l’allattamento al seno. L’utilizzo corretto e appropriato di un medicinale, anche durante il periodo dell’allattamento, è di importanza strategica per la tutela della salute del bambino e della mamma.

La campagna di comunicazione avviata dall’AIFA intende favorire la diffusione del messaggio che i farmaci devono essere assunti con un atteggiamento responsabile e consapevole, quando necessario e sempre secondo le indicazioni prescritte dal medico a cui è necessario rivolgersi per decidere cosa fare. Non è opportuno smettere di curarsi o interrompere le terapie farmacologiche quando si allatta; al contrario, questo comportamento può esporre la donna e il bambino a possibili rischi legati alla mancanza piuttosto che alla presenza di cure. A supporto di un’informazione corretta l’AIFA ha inoltre rilasciato un opuscolo informativo, consultabile e scaricabile dal sito dedicato, che contiene indicazioni e consigli utili da seguire quando si allatta.


[2] Alcuni studi esemplificativi: Edmond, K et al. Delayed Breastfeeding lnitiation lncreases Risk of Neonatal Mortality. Pediatrics.2006 Mar;117(3):e380-6. Breastfeeding Patterns, Time to lnitiation and Mortality Risk Among Newborns in Southern Nepal. Mullany L etc al. The Journal of Nutrition 138:599-603.2008.

[3] Anderson JW, Johnstone BM, Remley DT. Breast-feeding and cognitive development: A metaanalysis. Am J Clin Nutr 1999;70:525–35.

[5] Whittemore AS, Harris R, ltnyre J, Collaborative Ovarian Cancer Group. Characteristics relating to ovarian cancer risk - American Journal of Epidemiology - 1992; 136: 1184-1203


Pubblicato il: 14 luglio 2014

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