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ECDC. Special Report sullo status della risposta all’HIV in Europa

L’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) ha pubblicato lo Special Report sullo status della risposta all’HIV, che illustra una panoramica sui successi e le lacune descrivendo le misure e i provvedimenti adottati dai Paesi dell’Unione Europea e dell’Area Economica Europea (UE/EEA) rapportandoli agli impegni assunti con la Dichiarazione di Dublino sul partenariato di lotta contro l’HIV/AIDS in Europa e in Asia centrale. Il Report contiene i dati relativi al triennio 2014-2016, raccolti dall’ECDC, dall’Ufficio Regionale per l’Europa dell’OMS e dall’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze (EMCDDA).

Dal Rapporto, presentato nel corso di una conferenza organizzata congiuntamente dall’ECDC e dalla Presidenza maltese del Consiglio UE, in cui si è discusso di come perseguire l’obiettivo di debellare il virus entro il 2030, emerge come l’HIV rimanga in Europa un importante problema di salute pubblica.

“Se diamo uno sguardo ai dati disponibili – ha affermato Andrea Ammon, Acting Director dell’ECDC – possiamo vedere che l’Europa ha bisogno di migliorare la sua risposta all’HIV in diversi settori. Attualmente, due Paesi UE/EEA su tre non hanno infatti fondi sufficienti per fare interventi di prevenzione e su sette persone infette nella regione una non è consapevole di esserlo. Per ridurre il numero di nuove infezioni da HIV in Europa dobbiamo concentrare i nostri sforzi in tre aree principali: dare priorità ai programmi di prevenzione, facilitando la diffusione dei test, per esempio con l’introduzione di nuovi approcci come quello dell’auto-test. E, ovviamente, facilitare l’accesso alle terapie”.

I casi di nuove infezioni registrati nel 2015 sono 29747, per un totale di circa 810000 (0,2% della popolazione adulta), con un tasso rimasto sostanzialmente immutato negli ultimi dieci anni, anche se la prevalenza è variabile ed è molto più alta in alcuni Paesi e gruppi. Nello stesso anno, tuttavia, una percentuale significativa di persone infette – il 15% secondo i dati riferiti ai 31 Paesi dell’area UE/EEA – non sapeva di esserlo, mentre quasi la metà delle diagnosi – il 47% di quelle effettuate con la conta delle cellule CD4 (< 350 cellule/mm3) – è arrivata in ritardo.

Rispetto al passato, dal Report emerge che le terapie iniziano prima in tutta Europa e sono sempre di più i pazienti che vi hanno accesso, per quanto uno su sei continui a restarne escluso. L’efficacia delle attuali terapie è attestata dal fatto che su dieci persone cui vengono somministrate, in quasi nove casi si assiste alla soppressione virale, anche se questa percentuale varia tra il 51% e il 95% nei diversi Paesi. L’adozione di interventi di prevenzione è risultata comunque insufficiente, con due Paesi su tre che reputano tale lo stanziamento dei fondi destinati a ridurre il numero di nuove infezioni.

Per quanto riguarda i decessi, invece, il numero è sceso da 2608 nel 2006 a 885 nel 2015.


Pubblicato il: 08 febbraio 2017

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