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Nota 90

Nota 90

Farmaco in nota: Naloxegol, Metilnaltrexone, Naldemedina

 

- Metilnaltrexone

Naldemedina

Naloxegol

La prescrizione a carico del SSN è limitata alle seguenti condizioni:

soggetti in terapia cronica con oppiacei e diagnosi di costipazione indotta da oppiacei secondo i criteri di ROMA-IV che rispondano contemporaneamente alle seguenti caratteristiche:

  • terapia cronica e continuativa con oppiacei
  • resistenza al trattamento con almeno due lassativi di cui uno ad azione osmotica (la resistenza è definita come la mancata risposta dopo 3 giorni)

 

Background

Gli oppiacei, come indicato dalle linee guida Nazionali ed Internazionali per la terapia del dolore, nonché dalle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), rappresentano uno standard di cura per la gestione del dolore cronico da moderato a grave in pazienti con e senza diagnosi oncologica (OBrein 2017). In Italia il riferimento normativo vigente per l’impiego degli oppiacei nella terapia del dolore è rappresentato dalla Legge 15 Marzo 2010 n° 38 concernente “Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative a alla terapia del doloreche tutela il diritto del cittadino ad accedere alle suddette cure promuovendo l’attivazione e l’integrazione di due reti della terapia del dolore e delle cure palliative che garantiscano al paziente risposte assistenziali su base regionale ed in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, nel rispetto dei principi fondamentali della tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione.

Sebbene gli oppiacei rappresentino la terapia più efficace per il trattamento del dolore cronico, l’utilizzo prolungato di tali farmaci può dar luogo a effetti indesiderati anche seri, che ne limitano la tollerabilità, compromettendo laderenza del paziente alla terapia antalgica. Il più comune e persistente effetto collaterale dei farmaci oppiacei è rappresentato dalla costipazione indotta da oppiacei (CIO), dovuta ad una riduzione della motilità intestinale e delle attività secretorie associate, con conseguente formazione di feci dure e secche. Il meccanismo fisiopatologico alla base dell’OIC la differenzia dalla stipsi funzionale, rispetto alla quale i criteri di Roma IV (definiti attraverso una consensus multi-disciplinare) hanno garantito la sua caratterizzazione come entità nosologica distinta. Secondo i criteri di Roma IV (Mearin, 2016) per OIC si intende la comparsa o il peggioramento dei sintomi da costipazione, associati all’inizio o conseguenti alle modifiche della terapia con oppiacei (incremento del dosaggio o variazioni del regime). In particolare, la diagnosi di OIC contempla la presenza di sintomi nuovi o peggioramento della costipazione quando si inizia, si modifica o aumenta la terapia oppioide che deve includere 2 o più dei seguenti segni:

  1. sforzo durante più di un quarto (25%) delle evacuazioni;
  2. feci grumose o dure in più di un quarto (25%) delle defecazioni;
  3. sensazione di evacuazione incompleta in oltre un quarto (25%) delle defecazioni;
  4. sensazione di ostruzione / blocco anorettale in oltre un quarto (25%) delle defecazioni;
  5. manovre manuali per facilitare più di un quarto (25%) delle defecazioni; o
  6. meno di 3 movimenti intestinali spontanei a settimana.

A lungo termine la CIO può causare dolore addominale, dolore e bruciore rettale, stitichezza e diarrea alternata, emorroidi, formazione di fecalomi. La costipazione indotta da oppiacei può essere causa di interruzione del trattamento analgesico con oppiacei, o della sua riduzione del dosaggio, in particolare si stima che circa il 30% dei pazienti riduca o interrompa il trattamento con oppiacei proprio a causa di CIO (Olesen 2011; Andresen 2018). In aggiunta a ciò la CIO rappresenta un problema invalidante per i pazienti, essendo associato a stress psicologico, sofferenza fisica e isolamento sociale (Bell 2009a; Erichsén 2015, Andresen 2018).

Sebbene i dati epidemiologici siano estremamente variabili, si stima che la CIO interessi una percentuale compresa tra il 40% ed il 90% dei pazienti in trattamento con oppiodi (Wald 2016), con una prevalenza oscillante tra il 60% ed il 90% nei soggetti con patologie neoplastiche e tra il 40% ed il 60% nei soggetti con dolore non oncologico (Bruner 2015; Tack 2014). I dati di una survey condotta, a livello internazionale (includendo anche centri clinici italiani), su pazienti sia con dolore cronico oncologico che non oncologico in trattamento con oppiacei e lassativi, indicano che una percentuale di pazienti superiore a 80% continuava a soffrire di costipazione malgrado il trattamento con lassativi convenzionali (Bell 2009b).

Attualmente le opzioni disponibili per il trattamento della CIO sono le seguenti:

  • interventi non farmacologici (stili di vita)
  • interventi farmacologici di prima linea, tra questi sono riconosciuti i lassativi convenzionali quali lassativi idrofili o “di massa”, lassativi lubrificanti, lassativi osmotici, lassativi stimolanti o di contatto, lassativi emollienti
  • interventi farmacologici di seconda linea, per la popolazione che non risponde ai lassativi convenzionali:  terapie  target,  quali  gli  antagonisti periferici del recettore µ (“peripherally acting mu-opioid receptor antagonists” - PAMORA), e rescue medication” (clisteri evacuativi, manovre manuali).

Evidenze disponibili

In Italia gli antagonisti dei recettori periferici degli oppiacei con indicazione specifica per la CIsono il metilnaltrexone, il naloxegol e la naldemedina tosilato.

Metilnaltrexone bromuro è un antagonista selettivo degli oppiacei legantisi al recettore µ- oppioide, con una potenza 8 volte minore per i recettori degli oppiacei di tipo κ e affinità molto ridotta per i recettori degli oppiacei di tipo δ. Essendo un’ammina quaternaria, l’abilità di metilnaltrexone di attraversare la barriera ematoencefalica è limitata. Ciò consente al metilnaltrexone di agire come antagonista µ -oppioide a livello periferico in tessuti quali il tratto gastrointestinale, senza interferire con gli effetti analgesici oppioido-mediati sul sistema nervoso centrale. La dose raccomandata di metilnaltrexone bromuro nei pazienti adulti con dolore cronico (tranne pazienti sottoposti a cure palliative con malattia avanzata) è di 12 mg (0,6 mL di soluzione) per via sottocutanea, secondo necessità, somministrata ad almeno 4 dosi settimanali, fino a una volta al giorno (7 dosi a settimana). Nei pazienti adulti con malattia avanzata (pazienti sottoposti a cure palliative) la dose raccomandata di metilnaltrexone bromuro è di 8 mg (0,4 mL di soluzione(pazienti il cui peso sia compreso tra 38-61 kg) o 12 mg (0,6 mL di soluzione) (pazienti il cui peso sia compreso tra 62-114 kg).

I  trial  registrativi  che  hanno  dimostrato  l’efficacia  e  la  sicurezza  del  metilnaltrexone  netrattamento della costipazione indotta da oppiacei in pazienti che ricevono cure palliative erano due studi clinici randomizzati, in doppio cieco, placebo-controllati. Gli studi sono stati condotti per un periodo di quattro mesi su un totale di 287 pazienti (emedia di 68 anni; 51% donne), con malattia in fase terminale ed un’aspettativa di vita limitata. Per la maggior parte di questi pazienti, la diagnosi primaria era una malattia cancerosa. Prima del trattamento con metilnaltrexone, i pazienti avevano ricevuto oppiacei per almeno 2 settimane ed un regime stabile di lassativi per almeno 3 giorni prima dell’ingresso nello studio. L’eleggibilità è stata valutata sulla base di una costipazione  definita  sia  come  un  numero  di  evacuazioni  inferiore  a  tre  nella  settimana precedente all’inizio del trattamento con metilnaltrexone, sia come unevacuazione clinicamente irrilevante (come determinato dall’investigatore) nelle 48 ore precedenti al trattamento. In entrambi gli studi i pazienti trattati con metilnaltrexone mostravano un tasso significativamente più alto di evacuazione entro 4 ore dalla dose in doppio-cieco rispetto ai pazienti trattati con placebo. Dall’analisi pooled dei due trial registrativi, il metilnaltrexone si è dimostrato in grado di indurre evacuazione nelle 4 ore successive alla somministrazione in oltre il 50% dei pazienti trattati rispetto al 14.6% del gruppo placebo (Nalamachu 2015). Ad oggi, in totale, sono disponibili in letteratura sette studi randomizzati, in doppio-cieco, controllati vs placebo, in cui metilnaltrexone è stato utilizzato in pazienti con malattie terminali (Yuan 2000; Thomas 2008; Slatkin 2009) e in pazienti con dolore non oncologico (Michna 2011; Rauck 2012; Anissian 2012; Iyer 2011). Una meta-analisi che ha valutato sei di questi trial clinici ha dimostrato che metilnaltrexone era associato ad un rischio relativo di fallimento terapeutico pari a 0.66 (95%CI 0.63-0.73) rispetto al placebo (Brenner 2014).

Ulteriori studi hanno confermato che il metilnaltrexone per via sottocutanea induce rapidamente defecazione in pazienti con patologie in stadio avanzato e costipazione indotta da oppiacei (Rauck 2013; Bader 2013). Una meta-analisi in cui sono stati considerati oltre 1860 pazienti trattati con metilnaltrexone ha confermato l’effetto del farmaco sia su misure di outcome oggettive (quali il tempo alla defecazione e la loro frequenza) sia su outcome riportati dal paziente (Siemens 2016).

Naloxegol, un derivato peghilato del naloxone, funge da antagonista periferico dei recettori µ per gli oppiacei presenti nel tratto gastrointestinale, riducendo in tale modo gli effetti costipanti degli oppiacei senza influire sugli effetti analgesici sul sistema nervoso centrale mediati dagli oppiacei. Il farmaco è somministrato per via orale una volta al giorno alla dose raccomandata di 25 mg. L’efficacia e la sicurezza di naloxegol sono state valutate in due studi clinici di fase 3, randomizzati, controllati verso placebo e in doppio cieco, condotti in pazienti affetti da CIO e con dolore non correlato al cancro (Chey 2014; Webster 2013). I due studi di Fase III analizzati hanno avuto la durata di 12 settimane; sono stati considerati eleggibili i pazienti ambulatoriali affetti da dolore non neoplastico e in trattamento stabile con oppiacei (almeno 30 unità di oppiacei equivalenti alla morfina al giorno per almeno 4 settimane prima del reclutamento e affetti da CIO riferita dagli stessi soggetti). La CIO è stata confermata durante un periodo di pre-trattamento di due settimane ed  è  stata  definita  come  <3  evacuazioni  spontanee  in  media  alla  settimana, con  sintomi  da costipazione associati almeno al 25% delle evacuazioni. Entrambi gli studi avevano la potenza sufficiente ed erano stratificati in modo che almeno il 50% dei pazienti randomizzati ad ogni braccio di trattamento fosse conforme ai criteri basali per essere classificati come soggetti con risposta inadeguata ai lassativi (per essere definiti tali, nel corso delle due settimane antecedenti alla prima visita dello studio, i pazienti dovevano aver riferito sintomi concomitanti di CIO di entità almeno moderata durante la terapia con almeno una classe di lassativi per un minimo di quattro giorni nel periodo antecedente lo studio). I pazienti trattati con Naloxegol 25mg hanno avuto la prima  evacuazione  post-dose  dopo  7,6  ore  dalla  somministrazione  rispetto  alle  41,4  ore  dei pazienti trattati con placebo (p<0,001). Inoltre Naloxegol 25 mg ha comportato una migliore risposta in termini di aumento del numero di evacuazioni dopo 12 settimane di trattamento, rispetto al placebo. Naloxegol ha dimostrato di essere maggiormente efficace nel sottogruppo di pazienti con risposta non adeguata ai lassativi convenzionali: la percentuale di pazienti responder era significativamente superiore nei pazienti trattati con naloxegol 25mg rispetto a placebo (47,7% vs 30,1%; p<0,001) (Tack 2015; Garnock-Jones 2015).

La  naldemedina  è  un  derivato di  naltrexone,  a  cui  è  stata  aggiunta  una  catena  laterale che aumenta il peso molecolare e l’area di superficie polare, riducendone così la capacità di attraversare la barriera ematoencefalica. La dose raccomandata di naldemedina è 200 microgrammi (una compressa) al giorno da assumersi per via orale, e non è richiesto alcun aggiustamento di dose nei pazienti con compromissione renale.

I principali studi registrativi della naldemedina sono rappresentati da quattro studi principali randomizzati, in doppio cieco, controllati vs placebo per valutare efficacia e sicurezza di naldemedina 0,2 mg/die nel trattamento dellOIC, di cui tre su pazienti non oncologici (COMPOSE 1, COMPOSE 2 e COMPOSE 3) ed uno su pazienti oncologici (COMPOSE 4). Gli studi COMPOSE-1 e - 2 sono due studi identici di fase III, multicentrici, randomizzati, in doppio cieco, controllati vs placebo a gruppi paralleli che hanno confrontato l’efficacia e sicurezza di naldemedina con quella del placebo su un periodo di trattamento di 12 settimane, seguito da un periodo di osservazione di 4 settimane. In questi due studi i lassativi erano sospesi all’arruolamento e naldemedina venivquindi somministrata come monoterapia (Hale, 2017). In entrambi gli studi è stata osservata una percentuale  di  pazienti  rispondenti  significativamente  più  elevata  nel  braccio  naldemedina rispetto al braccio placebo: 47.6% vs 34.6% (differenza: 13.0%; 95%CI 4.8-21.3) nel COMPOSE-1 e 52.5% vs 33.6% (differenza: 18.9%; 95%CI 10.8-27.0) nel COMPOSE-2. Miglioramenti significativrispetto al baseline si osservano anche relativamente alla frequenza di SBM e dei sintomi di stipsi: aumento, maggiore dal basale alle ultime 2 settimane di trattamento, della frequenza di SBMs, evacuazioni spontanee complete (CSBMs) ed SBMs senza sforzo, rispetto a placebo. Lo studio COMPOSE-3 è uno studio di fase III randomizzato, in doppio cieco, controllato vs placebo, a gruppi paralleli che ha esaminato la sicurezza a lungo termine e la tollerabilità della somministrazione orale di naldemedina 0.2 mg una volta al giorno per 52 settimane, in pazienti con dolore cronico non oncologico, sotto terapia stabile con oppiacei e che potevano essere sotto trattamento con lassativi ma manifestare comunque l’OIC (Webster, 2018). Il trattamento a lungo termine con naldemedina è risultato associato a miglioramenti significativi e duraturi dei movimenti intestinali, dei sintomi associati alla costiapzione e della QoL. L’efficacia e la sicurezza di naldemedina netrattamento dell’OIC in pazienti neoplastici con dolore cronico sono state verificate nell’ambito di uno studio di fase III, della durata di 2 settimane (COMPOSE-4) e della sua estensione in aperto di 12  settimane (COMPOSE-5) (Katakami,  2017). Anche in questo caso i pazienti in regime dtrattamento stabile con lassativi proseguivano la loro somministrazione durante il trial e assumevano il farmaco sperimentale come add-on. La percentuale di pazienti rispondenti nelle 2 settimane di trattamento (endpoint primario) è stata significativamente più alta nel braccio naldemedina (71.1% [69 pazienti su 97]; IC 95%, 61.0% - 79.9%) rispetto al braccio placebo (34.4% [33 pazienti su 96]; IC 95%, 25.0% - 44.8%) con una differenza del 36.8% (IC 95%, 23.7% - 49.9%; P< 0.0001).

Raccomandazioni delle principali Linee guida

Tutte le linee guida nazionali ed internazionali sottolineano, anzitutto, l’esigenza di riproporre al paziente indicazioni di carattere generale, suggerendo modifiche dello stile di vita (laddove possibile) in grado di ridurre o prevenirla stipsi:incrementare l’apporto di fibre e liquidi, stimolare la mobilizzazione; favorire il comfort e la privacy, ad esempio aiu-tando il paziente a recarsi in bagno per evacuare; trattare le cause di dolore alla defecazione; agire sui disordini metabolici ed elettrolitici o su trattamenti farmacologici concomitanti in grado di determinare stipsi.

In assenza di controindicazioni (ad esempio diarrea, occlusione intestinale), ogni paziente che intraprenda un trattamento con oppiacei dovrebbe contestualmente avviare una profilassi con lassativi, da proseguirsi per tutto il periodo di assunzione di oppiacei, oltre ad essere istruito sulle misure generali di cui sopra. Su questa indicazione di massima concordano tutte le società scientifiche che si siano confrontate sul tema della stipsi indotta da oppiodi.

Di fatto tutte le linee-guida internazionali, incluse le linee di indirizzo di un European expert consensus statement (Farmer, 2019), le linee-guida ESMO (Larkin, 2018), e una recente expert opinion  redatta da un gruppo multidisciplinare di esperti italiani coinvolti nella gestione dei pazienti con dolore (Rossi, 2019), concordano nell’utilizzo dei PAMORA dopo una prima linea di trattamento rappresentata da 1 o più lassativi.

Le linee-guida più aggiornate, supportate da una importante appendice metodologica (Hanson, 2019), sono quelle dellAmerican Gastreoenterology Association (AGA. Crockett, 2019) le quali individuano come terapia di prima linea per il trattamento della OIC l’utilizzo di lassativi, raccomandando l’utilizzo di una combinazione di almeno due classi di lassativi prima di ricorrere a una escalating therapy. Nei soggetti con OIC refrattaria al trattamento viene raccomandato il ricorso ai PAMORA (Peripherally Acting µ-Opioid Recepito Antagonists), tra i quali naldemedina e naloxegol hanno un grado di raccomandazione forte, con un livello delle evidenze rispettivamente alto e moderato secondo il metodo GRADE.

Per quanto riguarda i singoli trattamenti farmacologici, tutti questi farmaci hanno dimostrato la loro efficacia in studi di confronto vs placebo e non sono disponibili dati di confronti diretti tra essi. Sono tuttavia disponibili i risultati di confronti indiretti derivanti da metanalisi (Nee, 2018; Nishie, 2019) e network metanalysis (Sridharan, 2019; Luthra, 2019), che, nel complesso confermano la maggiore efficacia di tutti i PAMORA vs placebo, ma i cui risultati, in termini dindividuazione del valore terapeutico relativo dei singoli farmaci, devono essere considerati con cautela in considerazione di importanti limitazioni rappresentate soprattutto da una importante eterogeneità sia in relazione ai disegni dei differenti studi sia in relazione alla popolazione studiata e agli endpoint considerati. Tali limitazioni rendono nel complesso poco informativi i risultati derivati dalle meta-analisi, lasciando di fatto alla valutazione dei singoli casi, la scelta del miglior trattamento in relazione alle caratteristiche dei singoli pazienti.

Particolari avvertenze

In generale, in base ai dati cumulati ricavati dagli studi clinici, le reazioni avverse da farmaco più comunemente riportate in corso di trattamento con PAMORA sono state: dolori addominali, diarrea, nausea, e flatulenza. Nella maggior parte dei casi, le reazioni avverse gastrointestinali sono state classificate di entità da lieve a moderata.

Durante l’utilizzo post-marketing di metilnalterxone sono stati riportati casi rari di perforazione gastrointestinale in pazienti con una malattia allo stadio avanzato (Mackey 2010) e con condizioni che possono essere associate con la riduzione localizzata o diffusa dell’integrità strutturale nella parete del tratto gastrointestinale (ad esempio, ulcera peptica, pseudo ostruzione, malattia diverticolare, tumori infiltranti maligni del tratto gastrointestinale o metastasi peritoneali). Quando si utilizza metilnaltrexone bromuro in pazienti con queste condizioni o altre condizioni che potrebbero comportare l'integrità alterata della parete tratto gastrointestinale (ad esempio, il morbo di Crohn) deve essere preso in considerazione il profilo complessivo rischio-beneficio. I pazienti devono essere monitorati in caso di dolore addominale grave, persistente o peggiorato; se si verifica questo sintomo, metilnaltrexone bromuro deve essere interrotto.

Per quanto riguarda i medicinali naloxegol e naldemedina, al momento non sono segnalati casi di perforazione intestinale in corso di trattamento, tuttavia deve essere considerato che i soggetti con  patologie a rischio per perforazione intestinale erano stati esclusi dalle sperimentazioni cliniche e il farmaco è esplicitamente controindicato nei soggetti con accertata o sospetta occlusione gastrointestinale.

Deve inoltre essere considerato che i trial registrativi di naloxegol escludevano soggetti con dolore correlato al cancro, per cui, a causa della limitata esperienza clinica in questa popolazione, è raccomandata cautela quando si prescrive naloxegol in questo setting di pazienti.

Si rappresenta, infine, l’importanza della segnalazione delle reazioni avverse sospette che si verificano dopo l’autorizzazione dei medicinali, al fine di consentire un monitoraggio continuo del rapporto beneficio/rischio dei medicinali stessi. Agli operatori sanitari è richiesto di segnalare, in conformità con i requisiti nazionali, qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di farmacovigilanza al seguente indirizzo: https://www.aifa.gov.it/content/segnalazioni-reazioni-avverse.

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