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Jama Internal Medicine: anticolinergici e rischio di demenza negli anziani - Jama Internal Medicine: anticolinergici e rischio di demenza negli anziani
Jama Internal Medicine: anticolinergici e rischio di demenza negli anziani
Un ampio studio pubblicato su Jama Internal Medicine analizza la possibilità che diversi farmaci ad azione anticolinergica possano comportare un aumento del rischio di demenza nei pazienti anziani.
I farmaci con attività anticolinergica sono ampiamente utilizzati negli anziani per il trattamento di diverse patologie, come la vescica iperattiva, le allergie stagionali e la depressione. Alcuni anticolinergici raggiungono il risultato terapeutico previsto bloccando l'effetto dell’acetilcolina nei recettori muscarinici all'interno di sistemi specifici degli organi. Tuttavia esistono anche farmaci di altro tipo che presentano effetti anticolinergici non intenzionali che non costituiscono l'attività terapeutica principale (come gli antistaminici di prima generazione, gli antidepressivi triciclici e alcuni antipsicotici).
La prevalenza del consumo di anticolinergici negli anziani varia dall'8% al 37%, un uso frequente che persiste nonostante alcune raccomandazioni secondo cui i rischi possano superare i benefici specie negli anziani. Gli autori dello studio ricordano che un rischio noto legato agli anticolinergici è la compromissione acuta in aspetti specifici della cognizione (memoria, attenzione e velocità psicomotoria di lavoro). Gli anziani potrebbero essere più sensibili agli effetti anticolinergici nel sistema nervoso centrale a causa dei cambiamenti legati all'età nella farmacocinetica e farmacodinamica, alla ridotta trasmissione dell’acetilcolina mediata nel cervello e a una maggiore permeabilità della barriera emato-encefalica.
L’obiettivo dello studio pubblicato su JAMA era di verificare quanto sostenuto da diversi ricercatori, ovvero che l’uso cumulativo di anticolinergici potesse essere associato ad un aumentato rischio di deficit cognitivi sostenuti, come il deterioramento cognitivo lieve o la demenza.
Il team di ricerca, guidato da Shelly Gray dell’Università di Washington (Seattle), ha reclutato 3.434 persone di età superiore ai 65 anni, nessuna delle quali affetta da demenza all'inizio della sperimentazione.
L'età media dei partecipanti al momento dell’ingresso nello studio era 74,4 anni; il 91.4% erano bianchi, il 59,6% donne e la maggior parte (66,4%) con istruzione universitaria. Complessivamente, il 78,3% aveva avuto almeno una prescrizione di un anticolinergico nei 10 anni precedenti l'ingresso nello studio. Gli utilizzatori di anticolinergici prima dell'arruolamento avevano maggiori probabilità di essere donne, di avere livelli più elevati di sintomi depressivi e comorbidità (ad esempio ipertensione, ictus, malattia coronarica o malattia di Parkinson) rispetto ai non utilizzatori. Le classi di anticolinergici più comuni erano gli antidepressivi, gli antistaminici e gli antimuscarinici per la vescica, che complessivamente rappresentavano oltre il 90% dell’esposizione agli anticolinergici. I principi attivi più comuni di queste tre classi di farmaci erano doxepina, clorfenamina e ossibutinina.
Durante un follow-up medio (SD) di 7,3 (4,8) anni, 797 partecipanti (23,2%) hanno sviluppato demenza, di cui 637 (79,9%) sono stati valutati con possibile o probabile demenza di Alzheimer (AD). È stata osservata una relazione a 10 anni dose cumulativa -risposta per la demenza e l’AD (test per il trend, P <.001). In particolare, i partecipanti con esposizione più alta (TSDD> 1095) avevano un rischio statisticamente significativo di aumento di demenza (HR aggiustato, 1.54 [95% CI, 1,21-1,96]) o AD (HR aggiustato, 1.63 [95% CI, 1.24 -2,14]) rispetto a quelli che non li utilizzavano. I partecipanti con il livello successivo di esposizione maggiore (TSDD, 366-1095) avevano un rischio leggermente elevato di demenza (HR aggiustato, 1.23 [95% CI, 0,94-1,62]) e AD (HR aggiustato, 1.30 [95% CI, 0.96- 1.76]) rispetto a chi non li utilizzava.
In questo studio longitudinale di popolazione che ha coinvolto persone di 65 anni o più anziane, gli Autori hanno osservato che l’uso cumulativo di anticolinergici è associato a un aumentato rischio di demenza e AD per tutte le cause.
I risultati sono stati robusti nelle analisi secondarie e di sensibilità, tra cui quelle condotte per prendere in considerazione il potenziale uso di anticolinergici (ad esempio antidepressivi) per i sintomi prodromici della demenza. Va notato – spiegano Gray e colleghi – che l’aumentato rischio di demenza è rimasto costante nelle diverse sottoclassi, in coloro che hanno fatto un uso elevato di anticolinergici oltre che di antidepressivi, così come di antistaminici di prima generazione e di antimuscarinici per la vescica.
I risultati non sembrano quindi spiegabili con bias protopatico (il medicinale viene erroneamente prescritto per una manifestazione iniziale della malattia senza che questa sia stata ancora ben diagnosticata) dovuto al trattamento della depressione, una malattia comunemente rilevata in pazienti con demenza non precocemente diagnosticata.
I nostri risultati – affermano gli Autori – sono in linea con 2 precedenti studi di coorte (condotti in Francia e Germania) che hanno esaminato l'uso di anticolinergici e il rischio di demenza incidente. “Tuttavia – precisano Gray e colleghi – il nostro studio ha una serie di punti di forza rispetto a questi studi precedenti. Tra questi, una visione più dettagliata dell’esposizione cumulativa dei partecipanti agli anticolinergici grazie all’impiego dei dati informatici delle farmacie che ha consentito di acquisire informazioni sull'uso dei farmaci a partire dai 10 anni precedenti l'ingresso nello studio e durante il follow-up. Inoltre, i ricercatori hanno potuto valutare eventuali variazioni del rischio in base al grado di esposizione cumulativa e di escludere l'uso potenzialmente legato ai sintomi prodromici della demenza. Hanno inoltre osservato separatamente l’uso degli anticolinergici per classe di farmaci, confrontando gli effetti degli antidepressivi con quelli di altre classi. Punti di forza supplementari – aggiungono gli Autori – sono l'ampio campione basato sulla comunità, il follow-up medio di più di 7 anni, e l'uso di definizioni standard per l’accertamento della demenza e dell’AD.
Dallo studio è emerso che, tra i partecipanti con più alta esposizione, coloro che avevano fatto prevalentemente un uso nel passato presentavano un rischio di demenza simile a quelli con maggior uso recente o continuato. Questa scoperta, secondo il team di ricercatori, suggerisce che il rischio di demenza con l'utilizzo di anticolinergici può persistere nonostante l'interruzione della terapia, sebbene, avvertono, sarebbero necessari ulteriori studi.
Gli Autori notano infine alcuni potenziali limiti del loro studio. “Esistono diversi metodi per la stima del carico anticolinergico, e non esiste un unico criterio standard. Ci siamo concentrati su anticolinergici ad alta potenza in base alle proprietà farmacologiche, e la nostra lista è in linea con quanto approvato dalla Società americana di geriatria. Una classificazione errata dell’esposizione è possibile perché alcuni antistaminici di prima generazione sono disponibili come farmaci da banco (over-the-counter). Inoltre la nostra misura dell'esposizione si basa sulle prescrizioni effettuate e non sull’effettiva assunzione. Infine, la generalizzabilità è sconosciuta, e sarà necessario replicare tali scoperte su altri campioni ancora più rappresentativi”.
Un aumento del rischio di demenza è stato osservato in persone che fanno un uso maggiore di anticolinergici. I risultati dello studio suggeriscono che chi assume un anticolinergico, come il cloruro di ossibutinina, 5 mg/d, o doxepina cloridrato, 10 mg/d per più di 3 anni avrebbe un maggiore rischio di demenza. I medici – sostengono quindi gli Autori dello studio - dovrebbero essere consapevoli di questa potenziale associazione quando considerano gli anticolinergici per i loro pazienti più anziani e dovrebbero prendere in considerazione, quando possibile, un’alternativa. Per le patologie senza alternative terapeutiche, i medici dovrebbero prescrivere la più bassa dose efficace e interrompere la terapia, se inefficace. Questi risultati hanno implicazioni importanti per la salute pubblica perché alcuni anticolinergici sono disponibili come farmaci da banco. Date le conseguenze devastanti della demenza, informare gli anziani di questo rischio potenzialmente modificabile permetterebbe loro di valutare con il medico farmaci alternativi.
Secondo gli autori sono necessari ulteriori studi per confermare questi risultati e comprenderne i meccanismi di base.
Leggi lo studio su Jama Internal Medicine
Published on: 04 February 2015