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Medicina di precisione. Da punteggi di rischio genetici nuove promesse per la valutazione dei farmaci cardiovascolari

La ricerca medica e farmacologica si sta sempre più focalizzando sullo sviluppo di farmaci di precisione, mirati a riconoscere e colpire specifici bersagli molecolari, e sulla definizione di biomarcatori in grado di prevedere la risposta terapeutica in sottogruppi di pazienti con specifici profili genetici. Questo approccio promette di migliorare l’efficacia e la sicurezza dei nuovi trattamenti limitandone gli effetti collaterali e risparmiando ai pazienti l’esposizione a farmaci che hanno scarse probabilità di successo o che possono rivelarsi addirittura pericolosi. Il successo in questo ambito di ricerca è strettamente correlato alla possibilità di realizzare idonei test genetici, condividere le banche dati e applicare modelli statistici in grado di prevedere l’applicabilità e l’efficacia sull’intera popolazione o almeno su sottoinsiemi più ampi.

Recenti sviluppi in questo percorso stanno interessando diverse aree terapeutiche. Secondo uno studio pubblicato su The Lancet (Genetic risk, coronary heart disease events, and the clinical benefit of statin therapy: an analysis of primary and secondary prevention trials) da Jessica L. Mega (Divisione cardiovascolare del Brigham and Women's Hospital and Harvard Medical School di Boston) e colleghi, l’utilizzo di una combinazione di varianti genetiche in un punteggio di rischio genetico (GRS) potrebbe facilitare l'identificazione dei pazienti a rischio in ambito clinico e ridurre il numero dei pazienti da trattare per prevenire un evento cardiovascolare.

“Nel corso degli ultimi due decenni – evidenziano, in un commento, Jukema e Trompet (Dipartimento di Cardiologia del Centro Medico dell’Università di Leiden, Olanda) – gli studi farmacogenetici non hanno avuto successo nell'identificare singoli varianti genetiche associate a risposte terapeutiche differenziali, poiché le singole varianti sono generalmente associate a effetti minori e, di conseguenza, spiegano solo una piccola parte della variazione nella risposta al farmaco e quindi non sono considerate rilevanti per la pratica clinica quotidiana. Sono state proposte quindi altre strategie. Una di queste prevede la progettazione di un punteggio di rischio genetico (GRS) basato su molteplici varianti genetiche associate alla caratteristica o all’evento che la terapia farmacologica mira a prevenire. Diverse ricerche hanno suggerito che l'unione di più varianti genetiche singole con effetti minori in un unico GRS può aumentare la forza dello studio e ridurre i bias”.

“Due possibili tipi di GRS possono guidare l'identificazione delle persone che potrebbero beneficiare maggiormente della terapia farmacologica cardiovascolare. Il primo – spiegano Jukema e Trompet – è associato a un fenotipo intermedio collegato a, o parte di, un percorso causale. Ad esempio, nella stratificazione del rischio per la terapia con statine, un GRS per il colesterolo LDL può essere utilizzato per stratificare gli individui in categorie con livelli di colesterolo LDL geneticamente bassi, intermedi o alti. Per il trattamento antipertensivo, sarebbe opportuno un GRS basato sui livelli di pressione del sangue. Un sistema di punteggio di rischio genetico collegato a un fenotipo intermedio nel percorso causale della malattia può aiutare nell'identificazione di individui che esprimono il fenotipo a livelli più alti (ad esempio, i pazienti con alti livelli di colesterolo LDL o pressione alta), e che potrebbero essere biologicamente più predisposti a rispondere a una terapia rispetto agli individui con un basso GRS. Inoltre, gli studi di associazione genome-wide sui fenotipi intermedi sono stati ampiamente documentati. L’utilizzo di questo tipo di GRS presenta però alcuni problemi: non viene preso in considerazione l'intero percorso di causalità, gli altri fenotipi all'interno del percorso vengono ignorati e la varianza che il GRS è in grado di comprendere è bassa”.

“Il secondo GRS possibile per la stratificazione dei pazienti – aggiungono gli Autori – è legato all’evento clinico che la terapia dovrebbe prevenire. Ad esempio, per il trattamento farmacologico antipertensivo, i pazienti dovrebbero essere stratificati in base ai loro GRS per l'ictus. Per il trattamento con statine, i pazienti dovrebbero essere stratificati sulla base di un GRS per la malattia coronarica. In questo approccio, i pazienti devono avere un certo grado di rischio di sviluppare l’evento clinico al basale, altrimenti i benefici del trattamento non potranno manifestarsi. Nello studio di Mega e colleghi, è stato utilizzato un punteggio di rischio genetico sulla base di 27 varianti genetiche associate a malattia coronarica incidente o ricorrente per identificare le persone che avrebbero potuto beneficiare maggiormente della terapia con statine. Un aumento significativo del gradiente della riduzione del rischio relativo è stato osservato in tutte le categorie con punteggio GRS basso (13%), intermedio (29%), e alto (48%) (p = 0.028 per interazione). Inoltre, una maggiore riduzione del rischio assoluto è stata osservata nei partecipanti della categoria con rischio genetico superiore (P = 0,010), il che si traduce in un numero di pazienti da trattare per prevenire un evento coronarico tre volte più ridotto”.

Questi risultati, secondo Jukema e Trompet, suggeriscono che la stratificazione dei pazienti in base a un GRS relativo all'evento clinico atteso può identificare con precisione quelli che beneficeranno maggiormente del trattamento.

“Questi risultati farmacogenetici sono incoraggianti e possono avere importanti implicazioni cliniche. Ad oggi – concludono gli Autori – la stratificazione del rischio dei pazienti che necessitano di una gestione del rischio cardiovascolare è particolarmente importante nel contesto della prevenzione primaria. Nella prevenzione secondaria, infatti, tutti i pazienti necessitano di un trattamento, e la questione principale è con quale dosaggio. Per la prevenzione primaria, tuttavia, i pazienti che necessitano di una gestione del rischio sono ancora da determinare. Questa incertezza vale anche per la popolazione anziana, dato che il punteggio di rischio Framingham e la carta del rischio SCORE indicano che tutti gli individui di età > 70 anni sono ad alto rischio di eventi cardiovascolari. Secondo queste linee guida, tutti gli individui anziani dovrebbero essere trattati con statine e farmaci antipertensivi. Tuttavia, quando un GRS - come fattore discriminante per il rischio di un evento cardiovascolare nel corso della vita – è incorporato nel contesto clinico, l'identificazione degli individui che traggono i maggiori vantaggi dalla prevenzione primaria delle malattie cardiovascolari potrebbe essere possibile e aumenterebbe la probabilità di un trattamento personalizzato in individui di tutte le età”.

http://www.nature.com


Published on: 19 June 2015

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