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Il presunto "metodo Stamina"? Retracted - Il presunto "metodo Stamina"? Retracted
Il presunto "metodo Stamina"? Retracted
“This article has been retracted”. La rivista coreana International Journal of Stem Cells (IJSC) ha ritirato nei giorni scorsi un articolo (“Stem Cells and Niemann Pick Disease”) pubblicato a maggio 2014 e firmato da Marino Andolina, vice-presidente di Stamina Foundation, che riportava i risultati di un trattamento con “terapia cellulare” iniziato a Trieste e proseguito negli Spedali Civili di Brescia su un paziente affetto da sindrome di Niemann Pick.
Nel presentare i risultati, Andolina riferiva di un’autorizzazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (in realtà mai ricevuta, come più volte ribadito dall’AIFA) “secondo il decreto DM 12/05/2006, che permette la terapia cellulare nei casi a rischio di vita” e dichiarava, tra l’altro, di non avere interessi finanziari in conflitto (“The authors have no conflicting financial interest”).
Sia noto che l’AIFA aveva segnalato ripetutamente nei mesi scorsi agli Editori una serie di incongruenze e mistificazioni contenute nello stesso articolo chiedendone l’immediato ritiro. Nell’avviso di ritiro della pubblicazione, la rivista coreana non riporta assolutamente alcun dettaglio sulle motivazioni, ma riferisce soltanto che “l’articolo è stato ritirato su richiesta degli autori”.
Anche questo episodio rivela l’insussistenza di una qualsiasi rilevanza scientifica dei trattamenti proposti da Stamina Foundation, su cui, a distanza di oltre due anni e mezzo dall’Ordinanza con cui l’AIFA ottemperando ad un’ispezione congiunta con i Carabineri dei NAS richiesta dal Pubblico Ministero Raffaele Guariniello interruppe i trattamenti a Brescia a maggio 2012, si è pronunciata di recente anche la Corte Costituzionale (Sentenza 274/2014), come riferito in un nostro recente editoriale. Proprio oggi, a Torino, si svolge l’udienza preliminare nell'ambito dell'inchiesta per associazione a delinquere e truffa coordinata dalla Procura di Torino.
Il rammarico è che il nostro Paese e i suoi cittadini abbiano dovuto attendere così tanto per vedere affermati alcuni dei principi basilari che l’Agenzia del Farmaco sostiene con forza dall’inizio di questa triste vicenda e che la Corte Costituzionale ha ribadito con chiarezza: il primato del metodo scientifico nelle decisioni sul merito delle scelte terapeutiche rispetto a “valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore” e il “rilievo essenziale che le istituzioni e gli organismi nazionali e sovranazionali rivestono nella verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite”.
Perdendo di vista questi valori, che sono a fondamento del diritto dei cittadini alla tutela della loro salute, ma anche dell’obbligo delle Istituzioni pubbliche a garantirne la piena soddisfazione, per quasi due anni le decisioni assunte da alcuni giudici e soprattutto la poderosa macchina mediatica messa in moto dagli interessati sulla pelle dei malati e delle loro famiglie hanno prodotto incertezza, sfiducia e caos, mettendo a dura prova la credibilità che l’Italia ha meritato nel corso dei secoli in ambito scientifico.
A onore del vero, anche alcuni giudici hanno adottato provvedimenti coerenti negando l’autorizzazione ai trattamenti con il presunto “metodo Stamina”. Che questi ultimi abbiano operato correttamente è stato confermato alcuni mesi fa dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che si è pronunciata su un ricorso presentato da un cittadino italiano che aveva invano chiesto ai tribunali di ordinare agli ‘Spedali di Brescia la somministrare del trattamento con il “metodo "Stamina" alla figlia, affetta da una malattia cerebrale degenerativa.
La Corte Europea ha ritenuto che il divieto di accesso a questa terapia, deciso dal giudice in applicazione del decreto legge n. 24/2013, convertito con L. n. 57/2013, perseguiva lo scopo legittimo di tutela della salute ed era proporzionato a tale obiettivo; inoltre, “la motivazione della decisione giudiziaria era adeguata e non poteva considerarsi come espressione di arbitrio, in quanto il valore terapeutico del metodo Stamina non è ancora stato provato scientificamente, sicché il rifiuto dei giudici di concedere l'autorizzazione a sottoporre la figlia del ricorrente al trattamento non poteva dirsi discriminatorio” (Corte Europea Diritti dell'Uomo, sez. II, decisione 28.05.2014 n° 62804/13).
Il caso Stamina si sta quindi sgonfiando, così come l’enfasi mediatica. Tuttavia, quanto accaduto non può e non deve essere rimosso dalla memoria e dalla coscienza del nostro Paese. Condivisibile è quindi l’appello a non dimenticare lanciato oggi, sulle colonne del Corriere della Sera, da Luigi Ripamonti: “Non è la prima volta che l`Italia si trova in situazioni simili, basti ricordare il siero di Bonifacio e la cura Di Bella. È chiaro – scrive Ripamonti – che non abbiamo abbastanza «anticorpi scientifici». Se davvero siamo alla fine della vicenda, allora, tutti siamo chiamati a capire se abbiamo fatto la nostra parte secondo «scienza e coscienza». In gioco, non solo in questo caso, ma soprattutto in un caso come questo, ci sono speranze e sofferenze di famiglie che hanno nomi e cognomi precisi oggi, e di altre che potrebbero averli domani se si ripetessero gli stessi errori in circostanze simili”.
Published on: 11 December 2014