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PLoS ONE: a un paziente su tre con infezioni del sangue somministrata terapia inappropriata
I ricercatori della Facoltà di Medicina della Duke University hanno realizzato uno studio sul trattamento dei pazienti affetti da gravi infezioni del sangue. Secondo gli studiosi, le sfide principali che devono affrontare gli ospedali sono la crescente resistenza ai farmaci, l’elevata prevalenza di batteri del ceppo S. aureus e le prescrizioni inefficaci di antibiotici per un paziente su tre.
I risultati, pubblicati sulla rivista PLoS ONE, forniscono il quadro più completo sulle infezioni del sangue nei “community hospitals” ad oggi. Mentre la maggior parte delle persone bisognose di cure mediche si reca, negli Stati Uniti, presso gli ospedali pubblici, gran parte della ricerca esistente in materia di infezioni del sangue si concentra sui centri di cura privati o gli ospedali che offrono cure altamente specializzate.
“Il nostro studio fornisce un aggiornamento, di cui si avvertiva certamente il bisogno, su quello che stiamo vedendo negli ospedali di comunità e, in ultima analisi, stiamo riscontrando simili tipi di infezioni in questi ospedali come nei centri di cura privati”, ha affermato Deverick Anderson, professore associato di Medicina presso la Duke University e autore principale dello studio.
Le infezioni del sangue sono una delle principali cause di sofferenza e di morte negli Stati Uniti. Ben 250.000 infezioni del sangue si verificano ogni anno e possono costare fino a 37 mila dollari per paziente. Alcuni batteri che causano queste infezioni si sono adattati agli antibiotici utilizzati per ucciderli, rendendo i farmaci meno efficaci. Questi batteri resistenti ai farmaci o “superbatteri” possono essere difficili da trattare in modo efficace.
Per capire meglio i tipi di infezioni del sangue che si trovano negli ospedali di comunità ed i fattori di rischio che portano allo sviluppo delle infezioni, Anderson e colleghi hanno raccolto informazioni sui pazienti visitati nei community hospital in Virginia e North Carolina tra il 2003 e il 2006. Si sono concentrati su 1.470 pazienti colpiti da infezioni del sangue.
Le infezioni del sangue sono state classificate a seconda di dove e quando sono state contratte. Infezioni derivanti dalla prima ospedalizzazione, da interventi chirurgici, da dispositivi invasivi , tra cui cateteri o che vivono in strutture di assistenza a lungo termine sono state designate come infezioni di origine sanitaria. Le infezioni acquisite in comunità sono state contratte al di fuori di ambienti medici o poco dopo il ricovero in un ospedale, mentre le infezioni ospedaliere vere e proprie si sono verificate dopo essere stato in ospedale per diversi giorni.
I ricercatori hanno concluso che il 56 per cento delle infezioni del sangue erano associate all’assistenza sanitaria, ma i sintomi hanno cominciato prima di essere ricoverati in ospedale. Le infezioni acquisite nella comunità ed estranee a cure mediche sono state notate nel 29 per cento dei pazienti, mentre il 15 per cento aveva un’origine ospedaliera o legata all’assistenza sanitaria.
Lo S. aureus si è dimostrato il patogeno più comune, avendo causato il 28 per cento delle infezioni del sangue, seguito da E. coli, che è stato trovato nel 24 per cento dei pazienti che hanno riportato infezioni.
Le infezioni del sangue dovute a patogeni multiresistenti si sono verificate nel 23 per cento dei pazienti - in aumento rispetto agli studi precedenti - e lo Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (MRSA) è stato il patogeno multiresistente più comune.
“Modelli simili di agenti patogeni e di resistenza ai farmaci sono stati osservati nei centri di cura privati, il che fa supporre che le infezioni del sangue negli ospedali di comunità non sono così differenti da quelle dei centri di cura privati”, ha detto Anderson.
I ricercatori hanno inoltre scoperto che circa il 38 per cento dei pazienti con infezioni del sangue ha ricevuto una terapia antimicrobica empirica inappropriata, o ha assunto un antibiotico che non era efficace contro l’infezione, mentre la causa di infezione era ancora sconosciuta. Alcuni gruppi di persone hanno più probabilità di ricevere una terapia inappropriata, compresi i pazienti che erano in ospedale o in una casa di cura entro l’anno passato, così come quelli con disfunzioni e/o patogeni multiresistenti.
Anderson ha raccomandato che i medici in ospedali di comunità si concentrino su questi fattori di rischio nella scelta di una terapia antibiotica per i pazienti con infezioni del sangue, osservando che la maggior parte dei fattori di rischio per la ricezione di una terapia inappropriata sono già registrati nelle cartelle cliniche elettroniche.
“Sviluppare un intervento in cui record elettronici medici allertino automaticamente i medici in corrispondenza di questi fattori di rischio quando stanno scegliendo gli antibiotici potrebbero contribuire a ridurre il problema” ha detto Anderson. “Questo è solo un punto di partenza, ma è un esempio di un settore in cui potremmo migliorare il modo in cui trattiamo i pazienti affetti da infezioni del sangue”.
Leggi lo studio su PLoS ONE
Pubblicato il: 25 marzo 2014