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L’importanza della ricerca indipendente nel cammino verso la personalizzazione delle cure: studio finanziato dall’AIFA dimostra i vantaggi della caratterizzazione biomolecolare dei tumori nella selezione dei trattamenti più efficaci - L’importanza della ricerca indipendente nel cammino verso la personalizzazione delle cure: studio finanziato dall’AIFA dimostra i vantaggi della caratterizzazione biomolecolare dei tumori nella selezione dei trattamenti più efficaci

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L’importanza della ricerca indipendente nel cammino verso la personalizzazione delle cure: studio finanziato dall’AIFA dimostra i vantaggi della caratterizzazione biomolecolare dei tumori nella selezione dei trattamenti più efficaci

I risultati di uno studio italiano pubblicato su “The Lancet Oncology” suggeriscono la maggiore efficacia della chemioterapia standard rispetto ai farmaci a bersaglio molecolare anti-EGFR per il trattamento di seconda linea dei tumori del polmone non a piccole cellule che non presentino una mutazione attivante del gene EGFR. I risultati preliminari dello studio erano stati già presentati nel giugno 2012 al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), nell’ambito della sessione plenaria sui tumori del polmone; i risultati definitivi, riportati nel lavoro appena pubblicato, mostrano che i pazienti trattati con la chemioterapia standard (docetaxel) hanno una sopravvivenza superiore rispetto ai pazienti trattati con il farmaco erlotinib.

Lo studio, concluso a gennaio 2013, è stato coordinato da Marina Chiara Garassino, ricercatrice dell’Istituto Tumori di Milano, ed è stato finanziato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA). La ricerca è stata condotta in 52 centri clinici italiani che hanno arruolato 220 pazienti affetti da tumore del polmone non a piccole cellule (cioè oltre l’80% di tutti i casi di tumori del polmone).

Gli inibitori di tirosino-chinasi di EGFR rappresentano il trattamento standard di prima linea per pazienti il cui tumore esprima una mutazione attivante di EGFR; studi precedenti avevano dimostrato l’efficacia del farmaco a bersaglio molecolare erlotinib in presenza di tali mutazioni, che sono presenti nel 10% circa dei casi di tumori del polmone non a piccole cellule.  Poiché erlotinib è anche utilizzato, in linee successive di trattamento, indipendentemente dallo stato mutazionale di EGFR, obiettivo dello studio è stato confrontarne l’efficacia con quella della chemioterapia tradizionale in assenza di mutazioni EGFR. La ricerca ha permesso di osservare in tali pazienti una sopravvivenza mediana inferiore con erlotinib rispetto alla chemioterapia (rispettivamente 5,4 e 8,2 mesi).

Mentre il tasso di risposta al trattamento osservato in questi pazienti è stato pari al 3% con erlotinib, con la chemioterapia tradizionale una regressione del tumore è stata osservata nel 15,5% dei casi. Gli autori concludono che la chemioterapia debba essere considerata la migliore opzione terapeutica per i pazienti affetti da neoplasia polmonare non a piccole cellule che non presentino una mutazione attivante di EGFR o non esprimano altri target biomarkers.

Un editoriale, pubblicato nello stesso numero di “The Lancet Oncology”, sottolinea inoltre il valore di questa ricerca e riconosce che tale studio potrà favorire un utilizzo più razionale, basato sul profilo molecolare, di chemioterapia ed inibitori di tirosino-chinasi di EGFR nel trattamento del tumore del polmone non a piccole cellule. I risultati raggiunti dimostrano, dunque, il contributo che la ricerca indipendente può offrire nel cammino verso la personalizzazione dei trattamenti.  

Leggi lo studio su The Lancet Oncology


Pubblicato il: 22 agosto 2013

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