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NEJM: infezioni da Clostridium difficile negli USA

Secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, quasi mezzo milione di americani sono stati infettati dal batterio Clostridium difficile nel 2011 e 29.000 pazienti sono morti entro un mese dalla diagnosi.

Lo studio, realizzato da esperti indipendenti e presentato dai Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti, rappresenta il maggior programma longitudinale di sorveglianza basato sulla popolazione degli Stati Uniti ad oggi per questa infezione.

L’infezione da C. difficile, che causa l'infiammazione del colon e attacchi di diarrea che possono risultare letali, è spesso legato all’uso di antibiotici, in grado di alterare l’equilibrio batterico nel colon, permettendo al C. difficile di diventare dominante.

Negli Stati Uniti, i ricoveri per infezione da C. difficile tra gli adulti sono raddoppiati dal 2000 al 2010 e la proiezione indicava che questa crescita sarebbe proseguita nel 2011 e nel 2012, in particolare tenendo in considerazione la transizione dei laboratori a test più sensibili, come ad esempio il test di amplificazione degli acidi nucleici (NAAT).

Sulla base dei dati provenienti da certificati di morte degli Stati Uniti, l'infezione da C. difficile è la principale causa di morte legata alla gastroenterita ed è stato stimato che abbia causato 14.000 morti nel 2007, inoltre. difficile è diventata la causa più comune di infezione negli ospedali degli Stati Uniti.

Per lo studio, i ricercatori hanno raccolto dati sulle infezioni da C. difficile in 10 aree degli Stati Uniti nel 2011, con l’obiettivo di conoscere quante infezioni fossero legate a strutture sanitarie, come ospedali e case di cura, e quante fossero state contratte invece nella comunità (nel senso che si sono verificate tra coloro che non erano stati ricoverati in una struttura sanitaria).

I ricercatori hanno stimato che ogni anno si sono verificate 453.000 infezioni da C. difficile negli Stati Uniti e hanno calcolato che donne, bianchi e individui di età superiore ai 65 anni avevano più probabilità di essere infettati.

Inoltre, gli autori dello studio hanno stimato che 83.000 persone hanno sperimentato una prima recidiva di infezione da C. difficile, e che 29.300 persone sono morte nel 2011.

“Secondo le nostre stime” scrivono gli autori “circa 345.400 casi si sono verificati al di fuori degli ospedali, il che indica che la prevenzione delle infezioni da C. difficile dovrebbe andare oltre l’ambito ospedaliero. Anche se il 46,2% di questi casi erano legati alla comunità […] in un recente studio che ha usato lo stesso programma di sorveglianza […] l'82% dei pazienti affetti da infezione contratta in comunità aveva reso noto durante interviste telefoniche di aver visitato presidi ambulatoriali di assistenza sanitaria, come ad esempio l'ufficio di un medico o un dentista, nelle 12 settimane prima della raccolta di campione di feci risultato positivo per il C. Difficile. Pertanto, la maggior parte dei pazienti con infezione da C. difficile era stato esposto sia a strutture di degenza che ambulatoriali prima dell’insorgenza della malattia”.

Queste infezioni, secondo gli autori, possono essere prevenute controllando l'uso di antibiotici e assicurandosi che le strutture sanitarie utilizzino procedure di controllo nel trattamento dei pazienti.

Migliorando l’appropriatezza nella prescrizione di antibiotici, i tassi di infezione da C. difficile potrebbero migliorare notevolmente, secondo . Ciò significa che l'assunzione di antibiotici dovrebbe limitarsi ai casi necessari e durare il tempo indispensabile.

Leggi lo studio sul NEJM


Pubblicato il: 18 marzo 2015

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