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Vitamina D in gravidanza. Due studi su JAMA

Il Journal of the American Medical Association (JAMA) ha presentato di recente i risultati di due studi condotti in Danimarca e negli Stati Uniti sulla relazione tra la supplementazione di vitamina D in gravidanza e il rischio di asma e respiro sibilante persistente nella prole.

Lo studio clinico danese, condotto sulla coorte 2010 del “Copenhagen Prospective Studies on Asthma in Childhood”, si proponeva di verificare l’effetto della supplementazione di vitamina D3  (colecalciferolo) in gravidanza sul rischio di respiro sibilante persistente nella prima infanzia. I ricercatori hanno reclutato 623 donne alla 24esima settimane di gravidanza. Il follow-up dei bambini (n = 581) è stato completato quando il più giovane ha raggiunto l'età di 3 anni, a marzo 2014. Nello studio randomizzato, in doppio cieco, sono stati somministrati la vitamina D3 (2400 UI[1]/die; n = 315) o un placebo (n = 308) dalla 24esima settimana di gestazione a 1 settimana dopo il parto. Tutte le donne hanno ricevuto 400 UI/die di vitamina D3, come parte delle normali cure in gravidanza. L’endpoint primario era il rischio di respiro sibilante persistente analizzato secondo l’età di insorgenza dalla nascita ai tre anni di vita. Gli outcome secondari includevano il numero di episodi di sintomi polmonari fastidiosi, asma, infezioni delle vie respiratorie, e grado di protezione immunitaria delle vie aeree del neonato. Sono stati valutati anche gli eventi avversi.

Su 581 bambini, il sibilo persistente è stato diagnosticato durante i primi 3 anni di vita in 47 (16%) nel gruppo con vitamina D3 e in 57 (20%) nel gruppo di controllo. La supplementazione di vitamina D3 non è stata associata al rischio di sibilo persistente (hazard ratio [HR], 0,76 [95% CI, 0,52-1,12], p = 0,16), ma il numero di episodi di sintomi polmonari fastidiosi è stato ridotto (episodi in media [95% CI]: 5,9 [5,2-6,6] per il gruppo vitamina D3 vs 7,2 [6,4-8,1] per il gruppo di controllo; rapporto tra tassi d’incidenza [IRR], 0,83 [95% CI, 0,71-0,97], p =. 02), e i livelli di attività immunitaria delle vie aeree si sono rilevati più elevati (analisi delle componenti principali, p = 0,04). Non c’è stato alcun effetto sugli endpoint aggiuntivi, tra cui l'asma (32 bambini [12%] nel gruppo vitamina D3 vs 47 bambini [14%] nel gruppo di controllo; odds ratio, 0.82 [95% CI, 0.50-1.36], P = .45), e le infezioni delle vie respiratorie (superiore, media [95% CI]: 5.2 [4,8-5,5] nel gruppo vitamina D3 vs 5,3 [4,9-5,6] nel gruppo di controllo, IRR, 0,99 [95% CI, 0.90-1.09], p = 0,84; inferiore: 94 bambini [32%] nel gruppo vitamina D3 vs 95 bambini [33%] nel gruppo di controllo, HR, 0.96 [95% CI, 0,72-1,27], p = .76). La morte intrauterina è stata osservata in 1 feto (0%) nel gruppo vitamina D3 vs 3 feti (1%) nel gruppo di controllo e malformazioni congenite sono state osservate in 17 neonati (5%) nel gruppo vitamina D3 vs 23 neonati (8%) nel gruppo di controllo.

I ricercatori hanno concluso che l'uso di 2800 IU/die di vitamina D3 durante il terzo trimestre di gravidanza rispetto ai 400 UI/die non ha ridotto in modo statisticamente significativo il rischio di respiro sibilante persistente nei 3 anni d’età. Tuttavia – precisano gli Autori – l'interpretazione dello studio è limitata da un ampio intervallo di confidenza (CI) che include un effetto protettivo clinicamente importante.

Lo studio statunitense ha esaminato l’effetto della supplementazione prenatale con vitamina D sull’asma o sul respiro sibilante persistente nella prole di tre anni.

Lo studio, in doppio cieco, controllato con placebo è stato condotto in 3 centri negli Stati Uniti. L’arruolamento è iniziato nel mese di ottobre 2009 e il follow-up è stato completato nel mese di gennaio 2015: 881 donne in gravidanza, di età compresa tra i 18 ei 39 anni, ad alto rischio di avere bambini con asma sono state randomizzate dalla decima alla diciottesima settimana di gestazione. Cinque partecipanti sono state escluse dopo la randomizzazione. Quattrocentoquaranta donne sono state assegnate a ricevere 4000 UI di vitamina D al giorno più una vitamina prenatale contenente 400 UI di vitamina D, e 436 donne sono state assegnate a ricevere placebo più una vitamina prenatale contenente 400 UI di vitamina D.
Gli outcome co-primari erano la diagnosi clinica di asma o sibilo ricorrente entro i 3 anni di età, riferita dai genitori, e i livelli materni di 25-idrossivitamina D al terzo trimestre.

Ottocentodieci bambini sono nati nel corso dello studio e 806 sono stati inclusi nelle analisi per i risultati a 3 anni. Duecentodiciotto hanno sviluppato asma o respiro sibilante ricorrente: 98 su 405 (24,3%; 95% CI, 18,7% -28,5%) nel gruppo 4400-UI vs 120 su 401 (30,4%, 95% CI, 25,7% -73,1% ) nel gruppo 400 UI (hazard ratio, 0,8; 95% CI, 0,6-1,0; p = 0,051). Tra le donne del gruppo 4400-UI i cui livelli nel sangue sono stati controllati, 289 (74,9%) avevano livelli di 25-idrossivitamina D di 30 ng / ml o superiore entro il terzo trimestre di gravidanza rispetto alle 133 su 391 (34,0%) nel gruppo 400 UI (differenza, 40,9%; 95% CI, 34,2% -47,5%, p <0,001).

“Nelle donne in gravidanza a rischio di avere un bambino con asma – hanno concluso i ricercatori statunitensi – la supplementazione con 4400 UI/die di vitamina D rispetto a 400 UI/die ha aumentato in modo significativo i livelli di vitamina D nelle donne. L'incidenza di asma e respiro sibilante ricorrente nei loro bambini all'età di 3 anni è stata inferiore del 6,1%, ma non è risultata statisticamente significativa; tuttavia, lo studio potrebbe essere stato sottodimensionato. È in corso un più lungo follow-up dei bambini per determinare se la differenza sia clinicamente rilevante”.

“Data la mancanza di un qualsiasi principale effetto indesiderato osservata in entrambi gli studi – scrivono Erika von Mutius, (Università di Monaco) e Fernando D. Martinez (Università dell’Arizona) in un editoriale a commento dei due studi – la prescrizione di un supplemento di vitamina D in dose superiore a quella raccomandata durante la gravidanza per le madri che sono ad alto rischio di avere bambini con asma (cioè, con una storia di asma, eczema o rinite allergica) sembra essere una strategia ragionevole, soprattutto se la donna incinta ha carenza di vitamina D. Tuttavia, i dati di questi 2 studi clinici randomizzati non supportano l'uso di dosi molto elevate di vitamina D: gli effetti riportati nello studio statunitense sono stati simili a quelli riportati nello studio danese, in cui la dose totale di vitamina D era inferiore di quasi il 50% (2800 UI/d). Inoltre, questi studi supportano la conduzione di uno studio più ampio sul ruolo della supplementazione di vitamina D durante la gravidanza per la prevenzione dell'asma, che includa piani rigorosi per la valutazione dei risultati e un follow-up prolungato”.

Ricordiamo che l’AIFA, nell’ambito dell’approfondimento specifico dedicato ai farmaci in gravidanza, indica che il dosaggio raccomandato di vitamina D in gravidanza e allattamento è di 600 UI/die (15 mcg/die) (RDA, USP DI, 2012). In una donna sana con una corretta e variata dieta alimentare non è indicato effettuare una specifica supplementazione vitaminica. Non vi sono al momento, in nessuna singola area di patologia, evidenze che supportino inequivocabilmente l'utilizzo della supplementazione di vitamina D durante la gravidanza.

Leggi su JAMA lo studio danese

Leggi su JAMA lo studio statunitense

Leggi l'editoriale di commento agli studi pubblicato su JAMA

Vai alla scheda AIFA sulla vitamina D in gravidanza

Leggi l'approfondimento AIFA su consumi e prescrizioni di vitamina D

Leggi primo piano AIFA su una revisione sistematica dedicata alla vitamina D in gravidanza


[1] 1 U.I. = 0.025 mcg


Pubblicato il: 18 febbraio 2016

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