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Acido zoledronico aumenta densità ossea in anziani non autosufficienti - Acido zoledronico aumenta densità ossea in anziani non autosufficienti

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Acido zoledronico aumenta densità ossea in anziani non autosufficienti

Uno studio condotto da alcuni ricercatori dell'Università di Pittsburgh, in Pennsylvania (USA) e riportato su JAMA Internal Medicines e sul BMJ, ha verificato gli effetti della somministrazione dell’acido zoledronico (un medicinale impiegato per il trattamento dell’osteoporosi) in un gruppo di donne anziane fragili che vivono in case di cura e strutture di assistenza a lungo termine. I risultati dello studio hanno evidenziato che il farmaco ha aumentato la densità minerale ossea delle pazienti, ma non ha ridotto l'incidenza di fratture nel periodo di osservazione di due anni.

I ricercatori hanno scoperto che l'85% degli anziani ricoverati in strutture di assistenza a lungo termine presentavano tassi di osteoporosi e fratture ossee da otto a nove volte superiori rispetto alle persone anziane che vivono nelle loro abitazioni. Tuttavia, la maggior parte dei primi non è stata trattata per la patologia ed è stata esclusa dagli studi sull’osteoporosi.

Per indagare questo divario, lo studio ha quindi arruolato 181 donne di età compresa tra 65 anni o più ospitate presso case di cura, somministrando a circa la metà una singola dose di 5 mg di acido zoledronico e al resto un placebo per un periodo di due anni. Tutti i partecipanti hanno ricevuto ogni giorno un supplemento di vitamina D e di calcio.

I risultati hanno mostrato che la densità minerale ossea dell'anca è aumentata del 2,8% dopo 12 mesi e del 2,6% dopo 24 mesi nel gruppo in trattamento, mentre nel gruppo a cui è stato somministrato il placebo è invece diminuita dello 0,5% a 12 mesi e del 1,5 % a 24 mesi.

Come notato dagli stessi autori, lo studio, a carattere preliminare, non è stato delineato per esaminare l’eventuale riduzione di fratture, ma per verificare se il trattamento per l'osteoporosi aumenta il rinnovamento osseo nelle persone anziane. Suggeriscono quindi di realizzare studi più ampi per determinare se il miglioramento di queste misure surrogate può tradursi in una riduzione delle fratture nelle persone anziane fragili.

Leggi lo studio pubblicato su JAMA Internal Medicines e ripreso sul BMJ


Pubblicato il: 17 aprile 2015

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