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FDA approva Zejula per il trattamento del carcinoma ovarico epiteliale, peritoneale primario e alle tube di Falloppio

La statunitense Food and Drug Administration (FDA) ha approvato Zejula (niraparib) per il trattamento di mantenimento dei pazienti adulti con recidiva del carcinoma ovarico epiteliale, peritoneale primario o alle tube di Falloppio, ridotti completamente o parzialmente in risposta alla chemioterapia a base di platino.

“La terapia di mantenimento è una parte importante di un regime di trattamento del cancro per i pazienti che hanno risposto positivamente al trattamento primario” ha detto Richard Pazdur, Direttore dell’Ufficio dei prodotti per ematologia e oncologia del Centro per la ricerca e valutazione dei farmaci dell’FDA. “Zejula offre ai pazienti una nuova opzione di trattamento che può aiutare a ritardare la crescita futura di questi tumori, indipendentemente dal fatto che abbiano una specifica mutazione genetica”.

Il National Cancer Institute stima che, nel 2017, ci saranno 22.000 nuove diagnosi e 14.000 decessi a causa di questi tumori.

Zejula è un inibitore della poli ADP-ribosio polimerasi (PARP) che blocca un enzima coinvolto nella riparazione del DNA danneggiato. Inibendo questo enzima, diminuiscono le probabilità che il DNA all’interno delle cellule cancerose venga riparato, portando alla morte cellulare e a un rallentamento o arresto della crescita tumorale.

La sicurezza e l’efficacia di Zejula sono state studiate in uno studio randomizzato di 553 pazienti con recidiva del carcinoma ovarico epiteliale, peritoneale primario o alle tube di Falloppio, che avevano ricevuto almeno due precedenti trattamenti di chemioterapia a base di platino sperimentando una risposta completa o parziale. I pazienti sono stati testati con un test approvato dall’FDA per determinare se avessero una specifica mutazione, germinale o deleteria, del gene BRCA. Il trial ha misurato la sopravvivenza libera da progressione, l’entità del periodo di tempo in cui, dopo il trattamento, la crescita dei tumori si è arrestata nei pazienti con e senza la mutazione. La sopravvivenza libera da progressione mediana per i pazienti che assumono Zejula che avevano una mutazione germinale BRCA è stata di 21 mesi, rispetto ai 5,5 per la stessa popolazione di pazienti trattati con placebo. La sopravvivenza libera da progressione mediana per i pazienti che assumono Zejula che non hanno avuto una mutazione BRCA germinale, invece, è stata di 9,3 mesi, rispetto ai 3,9 mesi per la stessa popolazione di pazienti trattati con placebo.

Gli effetti indesiderati più comuni di Zejula includono anemia, trombocitopenia, bassi livelli di globuli bianchi, palpitazioni, nausea, costipazione, vomito, dolori addominali/gonfiore (distensione), infiammazione delle mucose, diarrea, dispepsia, secchezza delle fauci, stanchezza, inappetenza, infezioni delle vie urinarie, problemi al fegato, dolore muscolare e articolare, dolore alla schiena, mal di testa, vertigini, sensazione di gusto insolito, insonnia, ansia, nasofaringite, problemi di respirazione, tosse, eruzioni cutanee e ipertensione. Zejula è associata a gravi rischi, come le crisi ipertensive, sindrome mielodisplastica, leucemia mieloide acuta e soppressione del midollo osseo. Le donne in gravidanza o in allattamento non dovrebbe prendere Zejula perché può causare danni allo sviluppo del feto e ai neonati.

L’FDA ha concesso a Zejula la designazione di farmaco orfano e breakthrough terapy, adottando per l’approvazione la procedura di fast track e la revisione prioritaria.


Pubblicato il: 30 marzo 2017

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