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Le sfide farmaceutiche del mondo ultra-globalizzato (Prima parte)

Come dimostrano i fatti delle ultime settimane sulla spasmodica ricerca di una terapia e di un vaccino per l’Ebola, di un prezzo sostenibile per i farmaci contro l’Epatite-C e per molti altri che arriveranno e di cui ci occuperemo nei prossimi editoriali, le politiche del farmaco rappresentano oggi una delle sfide cruciali per i decisori pubblici. Da queste scelte dipendono non solo la disponibilità di terapie più efficaci e sicure e quindi la possibilità di migliorare le condizioni di salute e la qualità della vita dei cittadini, ma anche l’intera sostenibilità dei sistemi finanziari, vista l’incidenza della spesa farmaceutica sulla spesa sanitaria complessiva e di quest’ultima sui bilanci pubblici.

Non è un caso se la Commissione Europea ha recentemente dedicato al settore farmaceutico un documento d’analisi programmatica, "L’industria farmaceutica: un settore strategico per l’economia europea", come punto di partenza per la definizione di un’agenda strategica che affronti le priorità e le sfide imminenti.

L’industria del farmaco in Europa e nel Mondo    

L’industria farmaceutica europea nel 2012 ha prodotto un fatturato di 220 miliardi di euro impiegando circa 800.000 persone. Rappresenta l’1,8% della forza lavoro manifatturiera ed è una delle industrie a più alta produttività. Nel 2013 l’Unione europea ha rappresentato il maggiore mercato di farmaci e prodotti farmaceutici per un valore totale di 156,9 miliardi, con esportazioni che hanno superato i 107,4 miliardi.
Il mercato mondiale dovrebbe raggiungere un trilione (un milione di miliardi = 1018!) di dollari alla fine dell’anno in corso, per poi raggiungere quasi 1,17 trilioni di dollari entro il 2017. Neanche la crisi economica globale sembra in grado di impedire la crescita della spesa farmaceutica nel lungo periodo, se si considerano fattori come l'invecchiamento della popolazione (si prevede che il numero di ultra65enni aumenti dai 92 milioni del 2013 a 148 milioni nel 2060), la prevalenza crescente delle malattie croniche (sindrome metabolica, diabete e demenze), le nuove patologie e il riemergere di quelle che si reputavano debellate (tra cui alcune infettive gravi), i mutamenti climatici e la resistenza antimicrobica e naturalmente le neoplasie. Bisogna fare i conti con nuove terapie farmacologiche, spesso molto più costose, e con il diritto dei pazienti a ottenere un accesso tempestivo a farmaci più sicuri ed efficaci. Gli straordinari progressi nella conoscenza del genoma umano, nella biotecnologia e nella medicina di precisione hanno reso oggi ancora più ambiziose le attese della società e dei malati verso nuovi e più efficaci trattamenti farmacologici. Questo scenario rappresenta una nuova realtà per cui le strategie del passato sono obsolete e ormai, francamente, pretestuose. Il primo passo è, quindi, dati alla mano di prendere atto del mutamento radicale che sta interessando il mondo del farmaco.

Dalla ricerca al mercato: utilità del dialogo non solo tra le aziende e i regolatori

Si dice sempre che il processo di ricerca e sviluppo di nuove molecole sia divenuto sempre più complesso, costoso e rischioso. I costi di R&S vengono stimati intorno a un miliardo di euro per ogni nuovo farmaco che entra in commercio, mentre nel 1975 ammontavano a meno di 150 milioni di euro. Come si arrivi esattamente a queste cifre non è dato di saperlo in dettaglio eppure sono quelle che tutti ripetono in modo coerente. Dal 2010 al 2012 il costo sostenuto per portare un principio attivo dalla scoperta al lancio sul mercato è aumentato del 18%, passando da 1,1 miliardi di dollari nel 2010 a 1,3 miliardi di dollari nel 2013. Non sempre tali sforzi si traducono in un esito positivo, facendo venire il sospetto che forse il modello della R&S sia da rifondare radicalmente. Solo 5 su 5.000-10.000 dei potenziali farmaci studiati raggiungono la fase della sperimentazione clinica. Solo 1 di questi riceve il parere favorevole all’immissione in commercio da parte delle Agenzie regolatorie. Le autorità regolatorie e le aziende, ma anche i pazienti e i prescrittori devono concorrere a migliorare l’efficienza complessiva del sistema. A tutti noi spetta il compito di riconoscere, valorizzare e promuovere la vera innovazione, rendere più fluide le procedure per l'ingresso sul mercato dei nuovi farmaci, intervenire laddove gli interessi economici potrebbero prevalere sui reali bisogni di salute, anche quando questi riguardano una popolazione più ristretta, speciale o meno “garantita” dall’opinione pubblica.

L’industria, a sua volta, dovrebbe cogliere l’opportunità di un dialogo precoce con i regolatori per disegnare meglio i trial, accelerare il processo di sviluppo e ridurre i rischi di fallimento. Gli Scientific Advice forniti dalle Agenzie regolatorie alle aziende, come dimostrano i dati degli ultimi anni, si stanno rivelando di fondamentale importanza per il buon esito delle domande di autorizzazione.

L’AIFA ha sviluppato una serie di strumenti a supporto delle attività regolatorie, cliniche e amministrative allo scopo di ottenere informazioni utili per i processi decisionali. Gli accordi di accesso condizionato al mercato (Managed Entry Agreements) – che l’Agenzia ha introdotto già da alcuni anni e che supporta con i nuovi Registri di monitoraggio, ponendosi tra le nazioni leader a livello mondiale – consentono di mettere a disposizione dei pazienti nuovi trattamenti, garantendo al contempo un attento monitoraggio dei benefici terapeutici e del rapporto efficacia/sicurezza nella vita reale. L’interazione continua tra agenzie regolatorie e sistemi assistenziali consente inoltre di adottare un approccio evolutivo nel processo autorizzativo, passando da un concetto “statico” di autorizzazione alla cosiddetta “autorizzazione progressiva”. L’accesso progressivo dei pazienti ai farmaci (adaptive licensing o meglio progressive patient access scheme), che l’EMA sta sperimentando in numerosi progetti pilota, è un processo di autorizzazione prospettico che inizia con l’autorizzazione precoce di un medicinale in una popolazione ristretta di pazienti e prosegue con una serie di fasi iterative di raccolta di evidenze e di adattamento dell'autorizzazione per ampliare l'accesso al farmaco a popolazioni di pazienti più ampie.

Per affrontare le sfide dell'accesso dei pazienti all'innovazione e della sostenibilità dei sistemi di salute pubblica occorrebbe accelerare e coniugare le procedure di Health Technology Assessment e di Scientific Advice nelle fasi precoci di sviluppo dei farmaci e revisionarne il rapporto rischio/beneficio e beneficio/prezzo/rimborso man mano che la loro efficacia e sicurezza viene (ri)verificata nella pratica clinica reale.

L'AIFA si sta muovendo proprio in questa direzione, laddove il cuore della strategia italiana è rappresentato dai nuovi Registri di monitoraggio, database dinamici che collezionano dati epidemiologici certificati e validati provenienti direttamente dalla pratica clinica. I Registri consentono di avere informazioni preziose sull'efficacia reale e sull'appropriatezza d'uso dei farmaci per rappresentare gli unici generatori di evidenza regolatoria nella real life. Il terzo grande database attraverso cui si realizza la rivalutazione dei farmaci dopo il loro ingresso sul mercato, oltre ai Registri e all’HTA, è quello della farmacovigilanza, il cui ruolo attivo è stato enfatizzato dalla nuova normativa europea, ampliando la platea dei soggetti coinvolti, facilitando le segnalazioni, implementando la rete europea ed estendendo lo stesso concetto di “reazioni avverse”. La mancata efficacia di un farmaco, ad esempio, va a tutti gli effetti considerata una reazione avversa la cui segnalazione risulta di enorme importanza per l’intero sistema.

(Continua il 21/10/2014)

Luca Pani


Pubblicato il: 14 ottobre 2014

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